Jean-Gabriel Périot - Ritratto, il mondo

 

E poi che la sua mano a la mia puose
con lieto volto, ond'io mi confortai,
mi mise dentro a le segrete cose.
Quivi sospiri, pianti e alti guai
risonavan per l'aere sanza stelle,
per ch'io al cominciar ne lagrimai.
Dante, La Divina Commedia – Inferno

 

La Storia in corsa

Jean-Luc Godard, all'inizio degli anni Ottanta, periodo fondamentale per la sua vita e carriera, lascia la storia "a passi rapidi" per entrare nella storia "a passi lenti". Una nuova fase che, diversamente dall'azione immediata nei confronti degli eventi che si stanno vivendo, richiede il distacco della riflessione. Non più testimonianza "dal vivo", ma vera e propria interrogazione retrospettiva. Per tentare di inserire ciò che non i percepisce al primo guardo, trasportati dal turbine della realizzazione. Un approccio che resta tuttavia sempre al servizio di una collera latente: “Amico, lo senti il volo nero dei corvi sulla pianura?” Il fatto che jean-Gabriel Périot prenda a prestito questo ver o dal canto dei partigiani per una delle sue installazioni non è privo di significato.

Il regista, vicino a questa "seconda velocità" della storia, non è un videasta del momento, del girato-montato dal vivo. L'essenza del suo lavoro consiste in un’immensa raccolta. Lavoro di ricerca e di archivio d’immagini (molte fotografie personali e immagini ricavate da Internet) che dovranno in seguito essere riciclate e organizzate per provocare, attraverso l'emozione, un significato nascosto, facendo affiorare questa terza immagine cara a Godard e ai suoi eredi. Lavorando a questo riciclaggio esogeno dalla funzione critica di cui parla Nicole Brenez nella sua pertinente classificazione delle forme di riutilizzo nelle pratiche sperimentali (Cinéma, vol. 13, n° 1-2), jean-Gabriel Périot insegue instancabilmente questa immagine invisibile. Eppure quest'ultima non è necessariamente un'affermazione, ma spesso persino un interrogativo, una domanda posta a proposito dell'essere umano e della sua maniera sovente paradossale di afferrare il mondo in cui vive. L'installazione Désigner les ruines è costruita u questo modello: immagini di uomini, di donne, recuperate u internet, associate a citazioni di autori letti dal regista (Kafka, Primo Levi, Karl Marx, Armand Gatti... ) Stranamente i vi i sorridono, mentre i pensieri sembrano insormontabili ... jean-Gabriel Périot, (p)artigiano dell'ibrido, rime colando la memoria, per provocare il sentimento, fa riaffiorare l'immagin(e)azione. Provocare e causare una reazione.

Interrogare l'essere umano e i suoi paradossi.

Interrogare la memoria frammentata, porre la questione della rovina e della ricostruzione. interrogare l'intimo, interrogare il corpo sociale, sostituito nella Storia... il suo rapporto con il mondo, con il tempo.

 

Contro l'intolleranza, in tutte le sue forme.
Contro il principio dei preconcetti. Contro gli stereotipi.
Bisogna armarsi di senso critico.
Anche se ciò comporta dei rischi.

Con armi quali l'ironia (“Per e sere un uomo felice, fate come me, diventate etero: l'eterosessualità è il futuro di tutti i gay”, è lo slogan che chiude il film Avant j’étais triste), il ribaltamento dell'accusa (in ne un momento revisionismo), un'insistenza che rasenta la mancanza di rispetto per la Storia (attraverso l'uso del ralenti, ancor più efficace in quanto posto in coda a tutta una serie di immagini accelerate), con il rischio di non farsi comprendere dai propri contemporanei. E la maniera di procedere suscita fastidio. Eût-elle été criminelle... (Fosse stata una criminale...): l'uso del condizionale passato ci pone di fronte alle nostre contraddizioni personali. Le immagini della guerra, assassina (come lo sono tutte le guerre), la vittoria degli alleati ... Poi ancora i francesi che fanno radere tutte queste donne accusate di essere state con i tedeschi. Jean-Gabriel Périot non accenna mai ad accostare il gesto, assolutamente incomparabile, ai campi di concentramento (nessuna immagine viene mostrata in parallelo), come non hanno certo fatto gli uomini all'epoca. Paradossalmente siamo proprio noi a farlo, retrospettivamente, e qui sta la forza del film: perché non è forse in presenza del più piccolo segno di intolleranza che bisognerebbe preoccupar i dell'esplosione che seguirà? E anche... e anche queste donne fossero state responsabili dei reati di cui sono accusate... c'era bisogno di arrivare a tanto? Le due storie qui si sovrappongono (attraverso il lavoro di montaggio) e la storia a passi rapidi (il film realizzato in contemporanea con l'atto) sembra rispondere affermativamente... mentre la storia a passi lenti (la rivisitazione del film di allora sottolineata dal rapporto accelerazione/ ralenti) presenta violenti interrogativi (gli eroi non hanno mai nulla da rimproverarsi?), senza ciò nonostante dare alcuna risposta. Perché di risposte giuste non ne abbiamo, tanto ci è impossibile giudicare determinati atti.

 

L'Uomo e la sua complessità: Ecce Homo

L'uomo non è invincibile e ciò ci disturba. Ma qual è allora questa vittoria della lotta delle classi annunciata nel titolo inglese We are winning don’t forget? Uomini sul posto di lavoro, poi per la strada, cortei sempre più accelerati fino ad arrivare alle sommosse delle manifestazioni contro il G8 a Genova, dove riappare l'immagine divenuta icona di questo giovane manifestante abbattuto dai carabinieri, steso inerte in una pozza di sangue.

L'intimo e il collettivo sono inseparabili, parti di un tutto dotato di un senso (la famosa terza immagine...) L'uomo vive nel proprio mondo e il mondo fa parte della sua vita. 21.04.02 (esiste una versione-installazione e una versione-film) ne è l'esempio più sorprendente. Una stessa data per due eventi: la festa di compleanno del regista, organizzata dagli amici, e il primo turno elettorale delle presidenziali del 2002 in Francia. Il regista azzarda degli accostamenti improbabili, costruiti su momenti memorabili, frammenti di memoria... piccole storie che si riallacciano alla grande Storia... jean-Gabriel Périot utilizza i residui della società nel suo quotidiano (e anche nel nostro), motivi tanto disparati quanto concomitanti (immagini pubblicitarie, parole della gente per strada, slogan di politici e del Fronte Nazionale, immagini di vita, compleanni, parti di film, quadri, star, uomini politici...) per esprimere un risentimento nei confronti del mondo. Orrore, assurdità e una spirale infinita.

Cosa resta dell'umano?... Una cicatrice che è necessario curare, le lenti a contatto, una dentiera (Journal Intime). Un corpo morto, immerso nel proprio angue, all'epilogo di una manifestazione (We are winning don’t forget). Corpi meccanici che fanno sesso seguendo lo stesso ritmo delle macchine (Lovers). “lt's a world wide suicide”, ammoniscono i Pearl Jam come un grido d'allarme che si aggiunge agli interrogativi in forma di avvertimento di Jean-Gabriel Périot: “non avremo un domani di (festa) / Non viviamo in un'epoca straordinaria. / Era meglio prima?” (Undo). Come ritrovare allora l'amore, l'unica cosa in grado di salvarci? Eppure era indubbiamente presente all'inizio di Lovers, in un gesto, uno sguardo... Tutto questo amore sostituito dalla meccanizzazione, dal ritmo sempre più incalzante delle immagini che si susseguono instancabilmente, invase dalla paura, paura dell'immobilità, paura della morte. Sopra di noi si innalza improvvisa la collera che spazza via al suo passaggio ogni essere vivente. Dies Irae, montaggio di strade urbane, di campagna, percorsi, foreste, sotterranei, tunnel, nonostante l'apparizione fulminea di qualche città con i suoi abitanti, ha tolto di mezzo ogni traccia dell'es-sere umano. Fare fabula rasa per ripartire su basi solide? Ricerca di un senso e di una via da seguire? Ripartire all'indietro, prima ancora della creazione del mondo (Undo)? La questione è posta, ma le scelte sono ardue. E tuttavia, bisogna andare avanti, è impossibile fermarsi. Il tempo trascorre come queste immagini in movimento, all'infinito. Nonostante tutto bisogna proseguire il cammino, costi quel che costi. A dispetto degli errori passati e futuri, contro ogni forma di intolleranza.

 

di Emmanuelle Sarrouy
Mostra du Pesaro, 2007